Le nuove KPI del settore Retail

Il termine KPI (Key Performance Indicator) è da tempo entrato a far parte del comune gergo di tutte le imprese che desiderino monitorare le proprie prestazioni e orientare al meglio le azioni finalizzate a facilitare il raggiungimento degli obiettivi aziendali.

Il KPI costituisce di fatti una metrica di misurazione delle prestazioni di un’attività: la sua lettura permette all’imprenditore di identificare le aree di debolezza e, di conseguenza, assumere decisioni più consapevoli sul futuro del proprio business. Proprio per questo motivo tutte le imprese che operano nel settore della vendita al dettaglio (Retail) dovrebbero approfittare della definizione e del monitoraggio dei KPI per analizzare con puntualità le proprie prestazioni.

Se quanto sopra è sufficientemente noto, forse non lo è il fatto che i nuovi modelli di business e di trasformazione digitale stanno influenzando la scelta e l’utilizzo di nuovi KPI da parte della generalità delle aziende Retail.

Per saperne di più abbiamo individuato 5 KPI a rapido tasso di diffusione. Scopriamo insieme quali sono e come migliorarli!

Tasso di conversione

Il primo KPI di nuova generazione (o di recente generazione, a seconda di come la si pensi) è il Tasso di conversione, o Conversion rate: anche se è una metrica da tempo ben conosciuta, monitorabile e analizzabile, sono purtroppo tantissimi i venditori che non riescono a rilevare e identificare correttamente questo parametro a causa principale dell’elevato numero di modi con cui i clienti possono entrare in contatto con l’azienda e realizzare le operazioni che l’imprenditore si aspetta (l’acquisto, ma non solo).

Ciò premesso, il Tasso di conversione nel Retail è un parametro che misura il numero di clienti che entrano in contatto con il proprio negozio o il proprio sito web e comprano un prodotto o un servizio, sul totale dei contatti. Considerato che il Tasso di conversione è composto al numeratore dal numero di clienti che comprano, e al denominatore dal numero totale di clienti che entrano in contatto con i nostri punti vendita, ne deriva che un dato molto basso deve essere approfondito con attenzione, poiché potrebbe celare qualcosa di sbagliato nel nostro approccio commerciale, e non solo.

Per migliorare il Tasso di conversione è dunque utile:

  1. 1) identificare i fattori chiave che incidono sulle conversioni, come ad esempio la pronta disponibilità dei prodotti all’interno dei punti vendita o la presenza o meno di adeguata informativa
  2. 2) individuare in che modo risolvere i problemi di cui al punto 1, ad esempio fornendo il proprio magazzino di prodotti sempre disponibili e condividendo con il personale di vendita un modello formativo che possa diffondere le giuste conoscenze sui prodotti e sui servizi in vendita
  3. 3) alimentare e costruire relazioni con i clienti mediante strategie omnichannel 
  4. 4) focalizzare la propria attenzione sul trasferimento di valore al cliente, piuttosto che sulla mera vendita
  5. 5) fornire ai clienti tutte le informazioni di cui necessitano per convertire
  6. 6) ridurre al minimo i passaggi necessari per effettuare l’acquisto, rendendo più snello l’intero processo commerciale.

Nel caso in cui un punto vendita abbia un Tasso di conversione sensibilmente più elevato degli altri, è fondamentale verificare se quel negozio stia facendo qualcosa di differente, una best practice che possa essere immediatamente estesa anche agli altri punti vendita.

Coinvolgimento da online a offline

Se il Tasso di conversione è oramai una metrica usata in quasi tutte le imprese Retail, lo stesso non si può certo dire per il Coinvolgimento da online a offline, o Online to offline engagement. 

Per comprendere quale sia la valenza di tale metrica iniziamo con il rammentare ancora una volta come oggi il commercio al dettaglio non possa più poggiare su una logica monocanale e come siano sempre più frequenti e stimolanti le interazioni tra canali online e offline.

Una simile evidenza non può che avere un impatto significativo anche sulle relazioni che l’azienda ha costruito i clienti e, di conseguenza, sulle vendite, rendendo molto difficile attribuirle all’uno o all’altro canale.

Per esempio, può ben accadere che un cliente segua la tua azienda sui social media per diversi mesi prima di acquistare qualcosa sul negozio fisico. Allo stesso modo, può anche capitare che si rechi in un negozio per provare dal vivo il prodotto che stai vendendo, per poi acquistare lo stesso tramite un canale online.

Proprio per questo motivo diventa fondamentale cercare di tracciare il più possibile i contatti tra online e offline, cercando di comprendere quante vendite del proprio e-commerce arrivano da clienti che risiedono in luoghi in cui hai un negozio fisico: si tratta di un dato molto interessante, poiché potresti cercare di comprendere se l’apertura di un negozio fisico può o meno determinare una variazione del business del commercio elettronico.

Insomma, guai a pensare che non sia utile sapere da dove proviene la vendita, sostenendo che tanto si tratta, appunto, di una vendita che ha generato un incremento di fatturato, qualsiasi sia stato il canale di conseguimento. Meglio invece analizzare i percorsi che i clienti hanno effettuato per arrivare al nostro prodotto, al fine di eliminare eventuali barriere che impediscono agli stessi di saltare con facilità dall’uno all’altro canale.

In aggiunta a ciò, considerato che una persona ha necessità di una media di sette interazioni con il marchio prima di effettuare l’acquisto, è evidentemente preferibile entrare in contatto con lui mediante il maggior numero possibile di canali.

Per migliorare il KPI è dunque possibile utilizzare la tecnologia in negozio per raccogliere gli indirizzi e-mail dei clienti per seguirli dopo la visita, realizzare campagne promozionali localizzate online in aree con negozi fisici o prima dell’apertura di un pop-up store, e ancora utilizzare i sondaggi tra i clienti per raccogliere proficue informazioni.

Cogliamo naturalmente l’occasione per ricordare quanto possa essere utile introdurre nella propria organizzazione un controllo del processo di gestione degli ordini che possa aiutare a selezionare il miglior magazzino per evadere l’ordine: un supporto ideale soprattutto laddove l’azienda disponga di più strutture e punti di stoccaggio e desideri gestire questa parte della logistica con la massima efficienza.

Tasso di reso

Il quarto KPI su cui vogliamo spendere qualche parola è il Tempo di permanenza, la metrica che tiene conto di quanto tempo un cliente trascorre nel proprio negozio o nel proprio sito web. In generale, più tempo trascorso significa anche più possibilità di vendita. Ne deriva che un elevato tasso di permanenza è di norma l’obiettivo finale del retailer.

Attenzione, però. La regola di cui sopra non vale per tutte le imprese tanto che, in alcuni casi, ad essere desiderabile è un tasso di permanenza più basso. Si pensi, per esempio, ai negozi che hanno un’elevata rotazione degli ordini e che puntano a offrire alla clientela un’esperienza di acquisto rapida. In questo caso quanto più a lungo un cliente rimane in negozio, tanto più è probabile che si verifichino code e ritardi e, dunque, una esperienza insoddisfacente da parte della clientela.

Per migliorare il KPI bisognerà dunque, innanzitutto, cercare di comprendere quale sia l’obiettivo del proprio negozio e, solo dopo, analizzare come ridurre o allungare il tempo di permanenza. 

Soddisfazione del personale

Molte imprese concentrano tutta la loro attenzione nei confronti del miglioramento dei KPI che monitorano i risultati di vendita, dimenticandosi che la vendita è solamente la parte finale di un processo che vede intervenire, in qualità di protagonisti, numerosi componenti della propria organizzazione.

È proprio per questo motivo che riteniamo che uno degli indicatori fondamentali per il successo di un’azienda sia la soddisfazione del personale: le risorse umane possono infatti avere un’enorme influenza sull’andamento delle vendite, considerato che ogni comportamento che le stesse pongono in essere (dall’accoglienza della clientela al modo con cui rispondono alla stessa) può contribuire a migliorare o peggiorare l’esperienza dell’utente e favorire o meno la sua conversione in acquirente.

Ecco dunque che la misurazione della soddisfazione del personale costituisce un indicatore essenziale da monitorare, nella consapevolezza che un dipendente felice è altresì più propenso a dare il meglio di sé sul luogo di lavoro. Non solo: un dipendente felice è generalmente un dipendente fedele, permettendo all’imprenditore di ridurre il rischio di dover reclutare nuovo personale valido.

Per migliorare questo KPI si può agire in diverso modo. Per esempio, è utile mantenere un vivace canale di comunicazione con il personale, invitandolo a fornire feedback su come si sente o su eventuali problemi avvertiti. È inoltre importante investire nella formazione del personale, dotare il personale degli strumenti per svolgere bene il proprio lavoro e sviluppare politiche che responsabilizzino il personale.

Insomma, sebbene esistano centinaia di potenziali KPI e sebbene ogni attività di vendita al dettaglio sia diversa dalle altre, prova a partire da queste metriche: il livello di efficacia del tuo business dovrebbe trarne giovamento!

Torna in alto